Patrono di Carimate

In terra ambrosiana numerose e radicate sono le testimonianze legate al culto di san Giorgio. A Milano, nella centralissima via Torino, al santo cavaliere è dedicata l’antica basilica che sorge in un luogo di grande significato storico, ovvero nei pressi di quel “Palazzo” imperiale dove nell’anno 313 Costantino proclamò quel celebre “editto” che concedeva la libertà religiosa nei territori romani, legittimando così la professione cristiana.
I longobardi, popolo di guerrieri, nutrivano una devozione particolare per san Giorgio e a lui consacrarono diversi templi: come fece, ad esempio, re Cuniperto nel VII secolo a Cornate d’Adda, sul luogo dove aveva sconfitto il suo rivale. In epoca carolingia la fortuna del santo non venne meno e anzi si rafforzò con nuove fondazioni (nel milanese, ma anche tra Monza e Treviglio, e ancora più a nord). 
Di san Giorgio non abbiamo notizie storiche e l’unico dato certo è il suo martirio, che avvenne agli inizi del IV secolo in Palestina: sul luogo della sua sepoltura, a Lidda, sorse una basilica che fu centro di culto vivissimo e meta di pellegrinaggi. E laddove mancavano i documenti subentrò la fantasia popolare.
La leggenda di san Giorgio, infatti, esemplifica la lotta del bene contro il male, sul modello della battaglia condotta dall’arcangelo Michele, così come è descritta nel libro dell’Apocalisse: testo dal quale, presumibilmente, è tratta anche l’immagine del drago. Ma è anche la narrazione figurata dell’evangelizzazione dei popoli pagani nei primi secoli del cristianesimo, operata attraverso la testimonianza dei “martiri”, appunto. Senza dimenticare che, al tempo delle crociate, la figura del santo cavaliere divenne facilmente il patrono di quanti si dedicavano all’impresa di riconquistare i luoghi santi, con corporazioni e perfino intere nazioni che si misero sotto la sua protezione, dall’Inghilterra all’Etiopia.
L’apparato iconografico, naturalmente, andò di pari passo, tanto che la rappresentazione di san Giorgio che combatte con il drago è in assoluto una delle più diffuse nell’arte cristiana, in epoca medievale ma ancora nei tempi moderni, in Occidente come in Oriente (dove il cavaliere è annoverato fra i megalomartyroi, cioè i santi per eccellenza della tradizione ortodossa).
Non si può tralasciare, inoltre, il fatto che il nome Giorgio, in greco, significa: “uomo della terra”. La qual cosa, d’acchito, sembra contrastare con l’idea di nobiltà che accompagna la vicenda del nostro cavaliere… In realtà, a ben pensarci, questa storia racconta anche l’azione “civilizzatrice” degli uomini nei confronti di ambienti naturali che, ancora in epoca medievale, apparivano selvaggi, inospitali e perfino pericolosi.
Dal mese di aprile abbiamo ripreso l’uso dell’antico fonte battesimale per i battesimi dei bambini. Un segno importante per valorizzare il luogo così prezioso per la Comunità dai secoli passati fino ad oggi. 
 

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